Dal corso di approfondimento “Introduzione al vendere con Linkedin”, seguito presso la Morris Consulting Business Academy (RM), abbiamo appreso quanto sia importante studiare strategie di comunicazione ed instaurare un rapporto empatico con i nostri contatti. Bisogna pensare e agire in real time, rispondere al cambiamento imparando a costruire una metodologia per la costruzione di relazioni di business, dando loro valore e consistenza per raggiungere uno stile personale su Linkedin.
Linkedin è uno strumento essenziale per aziende e clienti. Degli studi hanno dimostrato che, le aziende che usano i social network professionali come Linkedin generano +45% di opportunità a trimestre e hanno il +51% di possibilità di raggiungere i propri obiettivi rispetto alle aziende che non ne fanno uso.
Solo stabilendo un collegamento di fiducia, potremo condividere la passione del cliente, i suoi bisogni e le sue aspettative, dare consigli che sono a “connessione empatica”, che verrebbero ascoltati con buona probabilità. Il cliente è forte, si informa da solo e sceglie da solo. Il ruolo del venditore pertanto non è quello di formare. La partita che si gioca è quella della “scelta”. Il cliente è autonomo per il 57% del percorso di acquisto (scoperta, ricerca, selezione e decisione) senza coinvolgere il venditore. Per questo il contatto a freddo non funziona e il più del 97 % non va avanti.
Perché per la nostra azienda è importante formare il personale in questo campo?
Ogni anno aumenta il numero di persone coinvolte in un acquisto aziendale e incredibile è l’influenza del web e dei social nei processi di acquisto. Il 75% di tutti i processi di acquisto sono avviati e/o influenzati dal web e dai social con un picco dell’84% fra gli executive. Dal canto suo, Linkedin permette di risalire ai dipendenti di un’azienda, con una semplice ricerca per ambito, risparmiando così tempo e costi (tali ricerche sono gratuite). Inoltre, permette di creare la propria rete sociale e fiduciaria, garantendo ottime possibilità di successo. Ne consegue che dobbiamo orientare le nostre strategie verso i decisori, quindi definire nuove strategie e implementare comportamenti rispondenti allo standing dei nostri interlocutori. Vendere con Linkedin vuol dire utilizzare Linkedin per interagire direttamente con i nostri prospect. Vuol dire farlo conferendo alla relazione valore, rispondere alle aspettative del prospect, e offrirgli contenuti che lo interessino e lo coinvolgano.
Vendere con Linkedin è una attività professionale per professionisti. Un professionista su tre è presente su Linkedin, il 13% degli utenti Linkedin non è su Facebook, il 59% degli utenti Linkedin non usa Twitter. Ad oggi, Linkedin è l’opzione più conveniente dal punto di vista dei costi e quella in cui si dovrebbe investire per costruire business relations. Abbiamo appreso come è meglio fare le cose bene in un unico social e concentrarsi su di esso, piuttosto che fare azioni diverse, scarse e incoerenti su social diversi. Linkedin è il canale comunicativo ideale per creare legami con i nostri clienti target poiché offre la possibilità di interagire e dare valore alla relazione con il cliente, rendendo i nostri contenuti interessanti e coinvolgenti.
Quindi, perché essere social? Abbiamo visto che il nostro cliente o prospect prende le decisioni di acquisto senza di noi avvalendosi del web. Quindi nei social dobbiamo esserci, essere visibili, farci ascoltare, ascoltare, essere interessanti, guadagnarci la fiducia del cliente, restare connessi. La rivoluzione digitale non consiste nel diventare sociali, perché sociali lo siamo già da millenni. Vuol dire farlo con nuovi strumenti.
Perché è necessario ascoltare?
Le nostre azioni finalizzate a farci sentire e provocano delle reazioni e questo ha un grande valore. Queste reazioni sono una miniera d’oro che, se adeguatamente trattate, possono trasformarsi in tutto ciò di cui abbiamo bisogno per centrare una strategia vincente. I fattori suscitano queste reazioni vengono definiti “trigger”, in inglese “innesco”. Questo tipo di strumento richiede una profonda conoscenza del comportamento degli utenti e la capacità di costruire campagne che si adattino perfettamente alle loro esigenze. Un trigger impostato male, può trasformarsi in una pessima esperienza utente e provocare l’effetto opposto a quello desiderato. L’obiettivo dei trigger è attirare l’attenzione dell’utente con comunicazioni in target, non solo con il nostro personal brand, ma anche con gli interessi condivisi con l’utente, in modo da instaurare quella relazione di valore di cui
parlavamo poc’anzi.
Inconsapevolmente abbiamo sempre avuto un personal brand. È arrivato il momento di averlo consapevolmente e di averlo on-line. Rispetto al passato, il nostro personal brand non ha più limiti di raggiungibilità, è alla portata di tutti. Questo significa che in un contesto professionale, tutti possono costruire un personal brand forte capace di informare le persone sui nostri talenti, esperienze e valori e di attrarre i potenziali clienti. La partecipazione è insita nell’esistere. Dobbiamo essere noi stessi perché siamo unici e originali e
abbiamo una personalità. Con i nuovi strumenti digitali in nostro possesso, possiamo costruire un personal brand di successo, con poco o nessun investimento monetario, dando così valore alle nostre esperienze, ai nostri talenti, alla nostra persona. Più valore acquistiamo noi, come persone, più valore acquistano la nostra azienda e i nostri prodotti. Il nostro personal brand è un mix di:
– cosa ci definisce e caratterizza come persona?
– che percezione hanno gli altri di noi? quali sono i nostri contatti?
– quali sono i nostri valori, i nostri punti di forza, le nostre passioni?
– quali sono i risultati che abbiamo ottenuto nella nostra vita?
– quale è la nostra unicità? cosa vogliamo offrire al mondo?
Noi restiamo concentrati su ciò che vogliamo ottenere dalla nostra comunicazione. Abbiamo imparato che, nel selezionare gli argomenti:
– il 70% di contenuti devono essere di «settore»;
– il 20% possono parlare di quello che noi possiamo fare per loro
– il 10% può parlare di noi a volta è proprio quel 10% che fa la differenza
L’importante è essere autentici, onesti e trasparenti, trovare il giusto equilibrio tra essere vicini (mai troppo) ed essere professionali (ma non freddi e falsi). In corrispondenza:
– 70% i nostri clienti sono sempre interessati a conoscere meglio il loro settore, il loro
business, ciò che sta accadendo nel loro segmento;
– il 20% dei contenuti può riguardare la nostra azienda e i nostri prodotti, ma non
esclusivamente le specifiche tecniche, ma anche le applicazioni, i vantaggi e i risultati finali
per i nostri clienti. I casi di successo e testimonianze dei clienti sono da sempre infatti i
migliori argomenti;
– nel 10% rimanente possiamo essere un po’ più personali, trattando dei nostri punti di vista,
opinioni, successi e insuccessi, aiutando il nostro pubblico a capire che siamo esseri umani e
non dei robot aziendali. Cercare di trovare il giusto equilibrio tra l’ambito personale e quello
professionale può essere difficile, ma nell’essere noi stessi troveremo il giusto equilibrio.
Il contenuto è il Re, la distribuzione è la Regina, per questo siamo concentrati nel coinvolgere
collaboratori e colleghi nella promozione dei nostri contenuti.
Le grandi organizzazioni nello spazio del business to consumer (b2c) hanno capito da tempo i vantaggi di avere una community di persone che vogliono rimanere in contatto con il loro brand. Ogni volta che inviano un messaggio al gruppo di followers, questo ha un impatto su di loro in modo gratuito. Ecco perché abbiamo bisogno di una formazione specifica per giungere ad una strategia di creazione delle community. Il professor Ronald Burt della Booth School of Business di Chicago afferma che “il miglior predittore di un successo di carriera sono le reti aperte”, il che significa avere un social network con collegamenti al di fuori della cerchia ristretta di familiari e amici. Più grande è la nostra rete, più visibilità avremo quando condivideremo i nostri contenuti. Un altro grande vantaggio di una grande rete è che, se il nostro contenuto è pertinente e coinvolge la nostra rete, mentre i suoi membri interagiscono con i nostri contenuti con “mi piace”, condivisioni e commenti, a loro volta stanno espandendo la portata dei nostri contenuti alle loro rispettive reti e noi iniziamo a vedere un aumento esponenziale dell’esposizione a nuove persone.
Sempre Burt: “l’opportunità risiede nell’anello più debole del nostro social network”, che sarebbe il collegamento del nostro collegamento, conosciuto come collegamento di secondo livello, che vede i nostri contenuti per la prima volta e può valutare se possiamo aiutarlo per una qualche esigenza che potrebbe avere. La visibilità crea opportunità.
Le dimensioni della nostra community sono importanti e l’attrazione dei lead derivano dalla visibilità e la visibilità deriva dall’esposizione dei nostri contenuti alla nostra community. Tanto più grande è la community, maggiori sono le opzioni di interazione e quindi di esposizione a collegamenti deboli e potenziali nuovi clienti. Esistono due modi per aumentare il numero di collegamenti: crescere in quantità e crescere in qualità. Noi scegliamo la qualità, e questo lo testimonia il livello molto alto dei profili dei nostri seguaci. Il successo di queste nostre azioni è misurabile e dovremo misurarlo costantemente.
Una regola per i contenuti della relazione può essere la seguente:
– 80% sul mercato o settore in cui si muove il nostro prospect o in cui ci muoviamo noi;
– 20% sul nostro servizio o prodotto, meglio se raccontato attraverso casi o applicazioni di successo, in modo da farlo percepire come raccontato da una terza parte, il nostro cliente.
Noi puntiamo a finalizzare, con un incontro, il processo, ovvero chiedere al cliente di continuare la nostra conversazione di persona. A nostro avviso, un incontro dovrebbe essere il risultato naturale: se abbiamo stabilito una conversazione con il nostro cliente e costruito fiducia e credibilità condividendo contenuti pertinenti, allora sarà quasi naturale chiedergli un incontro.
Questo per non dimenticare che dietro le nostre realtà aziendali ci siamo noi, persone che hanno vite ed interessi separati dall’azienda, e che ci rendono più “umani” agli occhi dei nostri prospect, e che rende ancora più reale e veritiero quello che vogliamo comunicare. Il famoso 10% citato in precedenza.